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Comunità di Progetto

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La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Fico Reale di Atessa ha l’obiettivo di incentivare la coltivazione del Fico Reale e coinvolgere i produttori nel facilitare la diffusione, la conoscenza e la valorizzazione del prodotto.

Abbiamo intervistato Antonio Campitelli, uno dei promotori e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Antonio Campitelli

Conosciamo Antonio Campitelli, referente e coordinatore del progetto. 
Da sempre appassionato di enogastronomia, si è avvicinato al progetto relativo il recupero e la valorizzazione del Fico Reale di Atessa qualche anno fa entrando a far parte dell’Associazione e cercando di essere parte attiva nel coinvolgimento di nuovi potenziali produttori e nella promozione del prodotto.

Come e perché nasce il progetto?
La Comunità nasce dall’esigenza di incentivare la coltivazione del Fico Reale di Atessa, coinvolgere ulteriormente i produttori nel facilitare la diffusione e la conoscenza di questo prodotto, riportare in auge quella che un tempo ad Atessa era una produzione florida.
Con la Comunità vogliamo dare continuità a quel processo di valorizzazione del Fico Reale di Atessa intrapreso con il Gal Maiella Verde qualche anno fa e che nel 2015 ci ha portato ad ottenere anche il Presidio Slow Food, riconoscimento che ha permesso al Fico Reale di varcare i confini regionali con la partecipazione al Salone del Gusto di Torino.

Fico Reale di Atessa, quali sono le sue peculiarità?
Il Fico Reale di Atessa, a polpa bianca e a polpa rossa, è contraddistinto da una forma leggermente sferica, una superficie rugosa, colore verde giallastro, polpa succosa, profumo intenso e sapore mielato, ma non eccessivamente dolce.
I fichi sono raccolti a mano e lavorati tra agosto e settembre, lasciati essiccare su graticci di canne (i cannizzi), farciti con un gheriglio di noce locale, infornati e quindi conservati, insieme a foglie di alloro, in barattoli di vetro in un luogo asciutto per almeno un mese.
La tradizione che lega il Fico Reale al territorio di Atessa è antichissima. Se ne attesta la coltura e l’essiccazione sin dall’epoca romana. Localmente è conosciuto anche con il termine dialettale di “caracìne”, che sta a testimoniare lo stretto e antico legame del fico con il suo territorio d’origine. Infatti i Carricini erano una delle quattro tribù del gruppo etnico sannitico, popolazione italica che viveva in questi luoghi.
La produzione del Fico Reale di Atessa è stata molto fiorente nel corso secoli, tanto da essere citato in diversi documenti che ne attestano il processo di essiccazione, la sua importanza per l’economia locale e l’utilizzo come ingrediente nella preparazione del torrone.
Tutto si è arrestato negli anni ’70 con l’arrivo dell’industria in Val di Sangro; la campagna è stata abbandonata e chi ha continuato ad occuparsi di agricoltura ha preferito puntare su colture più intensive e redditizie, e molti ficheti sono andati persi.
Poi qualche anno fa questa coltura è stata ripristinata, in particolare grazie all’azienda La Ruelle che ha contribuito in maniera significativa alla riscoperta e alla valorizzazione del Fico Reale e negli ultimi anni diversi ragazzi del posto hanno cominciato a reimpiantare a ficheto interi appezzamenti di terreno.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Incrementare la produzione, dare la possibilità agli attuali produttori, realtà che hanno reimpiantato il prodotto solo qualche anno fa, di poter trasformare il Fico che attualmente viene venduto fresco o conferito all’azienda La Ruelle in quanto l’unica realtà presente che riesce anche a trasformare il prodotto. Vorremmo mettere i produttori nella condizione di poter acquistare le attrezzature adatte e necessarie e poi strutturare un circuito, una rete commerciale.
Purtroppo il Fico è un investimento a lungo termine e magari tende a scoraggiare i potenziali coltivatori in quanto la resa non è immediata, i tempi sono lunghi e bisogna aspettare diversi anni prima che cominci a fruttificare.

Quali sfide?
Coinvolgere sempre più portatori d’interesse così da rafforzare la produzione e quindi la commercializzazione.
Negli ultimi anni siamo riusciti a portare questo prodotto nelle pasticcerie, nella ristorazione locale, tuttavia il percorso è ancora lungo, dobbiamo creare una rete commerciale strutturata e allargare il nostro raggio d’azione dal punto di vista territoriale per garantire continuità del prodotto.

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Attualmente aderiscono alla Comunità tutti i produttori, l’Associazione del Fico Reale di Atessa, alcuni simpatizzanti che vogliono entrare nel circuito produttivo e altri portatori d’interesse.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
Stiamo cercando di coinvolgere nuovi attori e portatori d’interesse così da creare una rete con la quale possa esserci anche un confronto sull’implementazione della progettualità.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Far crescere questa Comunità, in termini di sensibilizzazione ma soprattutto dal punto di vista strutturale. Andare ad ampliare il nostro spettro d’azione e investire anche in promozione e comunicazione, non solo per gli eventi, ma anche nel digitale con il potenziamento del sito web.
C’è inoltre la necessità di organizzare anche un minimo di accoglienza per chi viene sul territorio e vuole conoscere il prodotto. In questo senso, in ambito turistico, ci stiamo già inserendo in diversi progetti collegati come itinerari enogastronomici.
Speriamo che altri potenziali produttori decidano di intraprendere questo percorso, anche io ho avviato una sperimentazione e andrò a raccogliere i miei primi frutti tra qualche anno.
I produttori che hanno aderito alla Comunità sono tutti giovani e credo che questa sia un’opportunità per innescare una microeconomia locale connessa con il turismo e con gli altri settori, uno stimolo per spingere i giovani a restare sul territorio, a crederci.

L’articolo Fico Reale di Atessa, quali sfide? Intervista ad Antonio Campitelli è tratto dal sito della Comunità di Progetto  Fico Reale di Atessa.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Mille Coperte Merlino vuole diventare punto di riferimento della lavorazione della lana in Abruzzo, valorizzare la coperta abruzzese e il suo contesto produttivo ovvero il territorio di Taranta Peligna.

Abbiamo intervistato Gaetano Merlino, il promotore del progetto, e Fernando Carapella, referente della Comunità, per conoscere meglio il progetto Mille Coperte Merlino.

Gaetano Merlino è il proprietario di uno degli ultimi lanifici d’Abruzzo, Vincenzo Merlino. Fondato a Taranta Peligna nel lontano 1870, questo storico lanificio lega il suo nome alla famosa coperta abruzzese. 
Fernando Carapella collabora da diversi anni con Gaetano Merlino e si occupa della comunicazione digitale del lanificio, in particolare dell’e-commerce.

Come e perché nasce il progetto?
Abbiamo deciso di costituire questa comunità per dare continuità a una serie di attività intraprese dal lanificio Vincenzo Merlino, insieme ad alcuni operatori turistici del territorio, già da qualche anno. 
Lo stimolo forte è arrivato con un post “virale” della pagina Facebook “L’abruzzese fuori sede” che pubblicando integralmente una lettera di appello sul rischio di chiusura del nostro lanificio, uno degli ultimi d’Abruzzo, ha dato visibilità e risalto mediatico alla nostra realtà.
Così sono arrivate tante forme di supporto e sostegno con proposte per valorizzare il nostro prodotto simbolo, la coperta abruzzese, e portare avanti una storia, una cultura e una tradizione secolare di Taranta Peligna, quella della lavorazione della lana.
Ci siamo inseriti nell’iniziativa del Gal Maiella Verde mettendo insieme una prima idea di progetto, il Comune l’ha fatta sua, così come gli altri portatori d’interesse presenti sul territorio, e abbiamo dato vita alla Comunità di Progetto.

Coperta di Taranta, quali sono le sue peculiarità?
Taranta Peligna ha una lunga e importante tradizione nei filati di lana che condivide con tutta l’area circostante, quella del versante orientale della Maiella e in particolare i paesi di Palena, Lama dei Peligni e Fara San Martino. Il fiume Aventino, che attraversa questi territori, ha sempre garantito un’alta concentrazione di acqua che ha favorito storicamente la lavorazione della lana.
A dare il loro contributo anche le materie prime, non solo la lana, ma anche il legname per le caldaie delle tintorie, le erbe per colorare i tessuti. E poi la transumanza che attraverso i tratturi ha incoraggiato un proficuo scambio nel tempo. Tutte queste condizioni hanno permesso il consolidamento di una serie di attività legate al tessile. Taranta Peligna, in particolare, lega il suo nome alle “tarante”, stoffe di lana rozza nera realizzate con le gualchiere e utilizzate per le mantelline dell’esercito borbonico.
La famosa coperta abruzzese, immancabile nei corredi familiari, contraddistinta dalle frange colorate e dalle decorazioni floreali o geometriche con motivi mediorientali, entra in scena nell’800 e conosce la sua fama con il diffondersi dei lanifici, nell’area dell’Aventino, dopo la rivoluzione industriale.
All’inizio del secolo scorso Vincenzo Merlino ha “reinventato” la coperta abruzzese con elementi decorativi diversi dai classici floreali, gli angeli, che sono diventati il marchio distintivo del lanificio.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Il lanificio Merlino vuole essere punto di riferimento e testimonianza per la lavorazione della lana e la produzione della coperta abruzzese. Vogliamo allestire una struttura museale, uno spazio da visitare in termini di accoglienza turistica, un luogo eletto all’incontro e alla formazione. 
Inoltre attraverso la Comunità ci proponiamo di dare nuovo impulso a quella che a Taranta, un tempo, era la filiera della lana.

Quali sfide?
Far confluire e interagire i diversi interessi quindi la componente culturale, turistica e produttiva. Per accogliere i turisti nel lanificio è indispensabile avere il prodotto, mettere in funzione i macchinari utili per mostrare la produzione della coperta. E’ importante continuare a realizzare questo prodotto perché custode di saperi, cultura e tradizione. Dietro alla coperta c’è tutta una storia che va ricostruita e testimoniata.  Se la coperta abruzzese scompare è inutile visitare lo stabilimento e quindi investire in questo senso.

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Aderiscono alla Comunità di Progetto il lanificio Vincenzo Merlino, il Comune di Taranta Peligna, il Parco Nazionale della Majella, il Lanificio Bianco, l’Istituto tecnico Algeri Marino di Casoli, Edizione Menabò con la rivista D’Abruzzo, la Coop. ASCA Porta del Parchi di Anversa degli Abruzzi, diversi operatori turistici (Barbara Dalla Costa, Luigia Di Sciullo),  Majexperience, alcune scuole e dovrebbero arrivare altre adesioni nei prossimi giorni.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
Abbiamo redatto un documento preliminare e, come Comunità, ci stiamo confrontando. 
Tutti i portatori d’interesse stanno dando il loro contributo, anche per i contenuti del sito web, in quanto è un progetto di condivisione. 
Tra le azioni che vogliamo intraprendere nell’immediato ci sono gli itinerari turistici da strutturare con gli operatori presenti sul territorio e in quest’ottica prepararci all’accoglienza. Vorremmo mettere a punto un format di visita presso il lanificio che sia spendibile non solo per l’operatore turistico che fa tappa con il suo gruppo, ma anche per chi è semplicemente di passaggio sul territorio. Per promuoverci è necessario prevedere anche un minimo di investimento nella comunicazione, soprattutto digitale. 

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Tra un anno ci vediamo con una struttura pronta per accogliere un gruppo di turisti o una scuola, un luogo dove poter fare un’esperienza e quindi assistere alla produzione della coperta abruzzese, toccarla con mano così da comprendere il contesto e il tessuto storico-culturale di questo prodotto. Un altro traguardo che ci piacerebbe raggiungere è legato alla riattivazione della filiera della lana in loco: attualmente tutte le attività connesse, come il lavaggio e la tintura, avvengono altrove; quindi è necessario riportare tutto qui a Taranta, magari con un piccolo impianto che permetta di tenere viva la filiera. Un’operazione di questo tipo mira anche a tramandare questa cultura, a generare un’economia locale. Naturalmente per raggiungere questo traguardo è importante garantire un minimo di produzione e stimolare il turismo.
Tra le altre cose sarebbe interessante mettere su un archivio storico dedicato alla lavorazione della lana, perché sono davvero tanti i documenti rinvenuti che raccontano e testimoniano questa attività secolare di Taranta Peligna.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto La Quercia di Pizzoferrato ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di un’economia circolare creando un’offerta turistica e formativa integrata e in costante evoluzione.

Abbiamo intervistato Angela Schmel, promotrice e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto La Quercia di Pizzoferrato.

Angela Schmel

Conosciamo Angela Schmel, referente e coordinatrice del progetto.  
Nata a Budapest e cresciuta in una famiglia multiculturale nell’Ungheria comunista, sin da giovanissima ha fatto propri i valori e gli ideali di condivisione e comunità. Vive in Abruzzo dal ’92 e da cinque anni a Torricella Peligna dove pratica l’attività di terapeuta, lavorando a 360 gradi sulle persone e quindi sulla psiche, sul corpo, e su tutto quello che può migliorare la crescita e il benessere personale.

Come e perché nasce il progetto?
Tutto comincia con la mia attività di terapeuta. Negli ultimi anni, attraverso diverse collaborazioni, ho sperimentato una forma di accoglienza integrata che mette al centro l’esperienza e il benessere fisico, mentale ed emozionale della persona. Sul territorio ho conosciuto persone che condividono le mie idee e progettualità, tra queste Palmerino Fagnilli, il sindaco di Pizzoferrato, con il quale ho avviato un progetto di recupero del Palazzo baronale che oggi è un centro di formazione e ricerca per la crescita e l’evoluzione personale.
Il percorso della nostra comunità, attraverso il progetto del Gal Maiella Verde, può crescere ulteriormente, strutturarsi in un’offerta turistica che porta chi visita il territorio a vivere un’esperienza indelebile.

Qual è il territorio di riferimento e quali sono le sue attrattive?
L’area di riferimento è il versante orientale della Maiella, e in particolare coinvolge i Comuni di Pizzoferrato, Torricella Peligna, Montenerodomo, Gamberale, Palena, Lettopalena, Archi, e un paese del Vastese, Tufillo.
Si tratta di un territorio molto variegato, con spiccate attrattive naturalistiche, culturali ed enogastronomiche. 

Quali sono gli obiettivi del progetto?
C’è un aspetto idealistico che ci muove. Personalmente credo che ogni persona attraverso il contatto possa acquisire nuova consapevolezza. Siamo qui per imparare, condividere, amare ogni giorno in più e in meglio ogni cosa, la natura, noi stessi, gli altri  e quindi aiutarci a vicenda per essere migliori. Il nostro principale obbiettivo è la collaborazione tra le persone, la cooperazione delle comunità che operano nell’area di riferimento, la creazione di una rete per strutturare meglio l’accoglienza sul territorio. Solo lavorando insieme possiamo far crescere il nostro progetto, permettere a chi arriva in Abruzzo un’esperienza unica, che non sia superficiale, bensì emozioni e consenta una connessione profonda con la natura e con il territorio che si vive.
Non stiamo semplicemente cavalcando l’onda del turismo esperienziale, che ora è tanto in voga. Quello che proponiamo io lo faccio già da vent’anni, quindi non andiamo a sperimentare qualcosa di nuovo o ad inserirci in una tendenza di mercato. Il nostro è un percorso autentico, emozionale e di crescita, in quella che è la regione più verde d’Europa.
Attraverso questa Comunità vogliamo promuovere lo sviluppo dell’economia circolare, creando un’offerta turistica e formativa completa sempre più ricca, in costante evoluzione.

Qual è il turismo di riferimento?
Un turismo sostenibile e tematico, incentrato sull’esperienza, focalizzato su attività che vanno dall’escursionismo all’agricoltura sostenibile e alla raccolta delle erbe autoctone locali, dalla bioedilizia con cantieri didattici per il recupero degli edifici in pietra all’educazione ambientale, dalla riscoperta dei sapori ancestrali attraverso la trasformazione delle erbe, alla scuola dell’infanzia nella natura. Vogliamo che tutte queste esperienze siano interconnesse sul territorio, quindi presenti in più luoghi, così da creare un circuito dove ci si possa spostare anche a piedi o in bici.  

Quali sfide?
Io credo nell’idea di comunità e sono fiduciosa. Spero che il progetto decolli, in particolare in questa fase è necessario strutturarsi così da poter accogliere al meglio chi viene sul territorio.
E’ importante sensibilizzare chi vive nell’area di riferimento, tutta la collettività, creare collaborazione, ma ancora di più mantenerla nel tempo coinvolgendo il maggior numero di operatori e lavorando sotto un comune denominatore, forse questa è la sfida più grande. 

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla comunità di progetto?
Hanno aderito alla Comunità di Progetto l’Associazione Anahata che promuove il turismo tematico ambientale (trasmissione di conoscenza, benessere psico-fisico, crescita personale, percorsi motivazionali, seminari intensivi, terapie alternative, utilizzo e riconoscimento di erbe spontanee, officinali e aromatiche, laboratori didattici), l’azienda agrituristica “Lo Zafferano” (recupero degli uliveti abbandonati, coltivazione delle erbe aromatiche e officinali, ospitalità alternativa e cucina naturale), l’azienda agrituristica di Federico Di Matteo (ospitalità nelle baite, centro benessere nel bosco, ippoterapia, silvoterapia), l’associazione Re.V.S. di Giuseppe Lannutti (rifugio-museo delle civiltà arcaiche “Il Trappeto”, scambio culturale internazionale attraverso i progetti di volontariato, scuola di restauro delle opere in pietra, legno e mattoni con tecniche antiche, prodotti naturali ed ecologici), Edelwais Country House di Nicola Di Sciullo (turismo rurale e B&b), la Pro Loco di Archi (creazione di eventi e promozione del turismo lento), il Comune di Pizzoferrato e sono in procinto di aderire altri portatori d’interesse.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando e volete implementare?
Stiamo cercando di coinvolgere altri portatori d’interesse, implementando una strategia e un piano d’azione per coordinare e collegare tutte le attività produttive e i servizi all’interno di un programma di accoglienza strutturato con un calendario a pianificazione annuale.
Successivamente vogliamo accrescere la produttività dei servizi già presenti, investire in promozione e comunicazione, soprattutto digitale.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Tra un anno come Comunità avremo sicuramente le prime presenze sul territorio, tuttavia siamo anche consapevoli del fatto che non saremo pronti al 100%, ci saranno ancora alcune problematiche da risolvere e soluzioni da implementare.

L’articolo La Quercia di Pizzoferrato, quali sfide? Intervista ad Angela Schmel è tratto dal sito della Comunità di Progetto La Quercia di Pizzoferrato.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Ventricina del Vastese ha l’obiettivo di migliorare la percezione qualitativa della Ventricina, promuoverla oltre i confini regionali, investire nella crescita della Comunità e dare nuovo impulso all’economia del territorio di riferimento, quello del Vastese.

Abbiamo intervistato Michele Piccirilli, tra i promotori della Comunità, e Stefano Di Fiore, referente della Comunità, per conoscere meglio il Progetto Ventricina del Vastese.

Michele Piccirilli e Stefano Di Fiore

Stefano Di Fiore, referente e coordinatore del progetto, da quindici anni produce salumi tradizionali e Ventricina del Vastese nel suo piccolo laboratorio di Fresagrandinaria.
Michele Piccirilli, tra i promotori della Comunità, dopo gli studi in scienze agrarie, nel 2009 torna a Roccaspinalveti e, ripartendo dall’azienda agricola di famiglia, avvia un’attività artigiana incentrata sulla produzione di insaccati e salumi del territorio, in particolare la Ventricina del Vastese.

Come e perché nasce il progetto?
Nasce da quel percorso di collaborazione, tra produttori della Ventrica del Vastese, intrapreso qualche anno fa con la programmazione Leader del G.A.L. Maiella Verde.
Sono stati diversi i risultati raggiunti come comunità, a cominciare dal disciplinare di produzione e dal Presidio Slow Food, la realizzazione di un gruppo d’assaggio e di una guida dedicata, la promozione del prodotto attraverso un evento come il Festival della Ventricina. 
Con questa comunità vogliamo continuare quel processo di valorizzazione della Ventricina, migliorare il prodotto, ma anche la percezione della sua qualità, potenziare la rete commerciale, ampliare il mercato di riferimento che comunque resta di nicchia, investire nella crescita delle aziende coinvolte e dare nuovo impulso all’economia del territorio di riferimento, quello del Vastese.

Ventricina del Vastese, quali sono le sue peculiarità?
È un insaccato pregiato, con storia e lavorazione peculiare, preparato con le parti più nobili del maiale tagliate a punta di coltello, in pezzi di grana grossa conditi con sale, peperone dolce e piccante e fiore di finocchio.  La carne viene insaccata nelle vesciche del suino, un tempo nel ventre, e si ottiene quindi una palla ovale di uno o due chili.
La stagionatura è lunga: fa un primo passaggio di 40-60 giorni, poi un’immersione nello strutto per limitare il calo di peso e un ulteriore periodo di stagionatura che può arrivare fino a 10-12 mesi. È denominata del Vastese per via dello stretto legame che ha con il suo territorio d’origine: la zona di produzione coincide con l’area compresa tra i fiumi Trigno e Sinello, nei comuni del Medio e Alto Vastese con altimetrie comprese tra i 200 ei 1.000 metri.  
Al taglio si presenta di grana grossa, con la caratteristica colorazione rosso arancio che conferisce il peperone. L’aroma è fragrante e tipico, il sapore dolce o piccante.
In passato, era ottenuta da maiali rustici, neri o rossi, e veniva consumata nei momenti più importanti della vita rurale, come la mietitura e la vendemmia.
Dal 2015 la Ventricina del Vastese è un Presidio Slow Food.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Migliorare alcuni aspetti “tecnologici” legati alla stagionatura della Ventricina e all’utilizzo di aromi naturali, incentivare la promozione soprattutto a livello nazionale con la partecipazione a fiere ed eventi ad hoc, potenziare la rete commerciale, puntare su formazione e affiancamento per migliore le performance economiche delle realtà produttive coinvolte,  investire in comunicazione digitale e far crescere la rassegna itinerante “Festival della Ventricina del Vastese”.
In conclusione l’obiettivo generale della Comunità è quello di dare nuova linfa allo sviluppo economico e sociale dell’entroterra Vastese. 

Quali sfide?
Portare una volta per tutte questo prodotto fuori dai confini regionali, in quanto ancora poco conosciuto. Restare sempre nel nostro mercato di nicchia, ma guardare oltre l’Abruzzo. Ovviamente questo implica incentivare i quantitativi, e per un prodotto artigianale come la Ventricina che utilizza solo aromi naturali, è difficile o comunque richiede determinate accortezze e attenzioni così da mantenere il livello qualitativo alto. Sono stati già fatti diversi studi in passato, in particolare sugli aromi naturali e le fermentazioni legate al peperone, ora si tratterebbe solo di confrontarsi con altri enti di ricerca, sperimentare.
Un’altra sfida è quella di legare maggiormente la Ventricina al suo territorio d’origine, identificarlo con esso, così che acquisti più valore. Il prodotto è anche il racconto di un territorio, e finora questo “dialogo” in termini di comunicazione e promozione è stato un po’ carente, forse perché dobbiamo andare a identificare meglio quelli che sono i fattori territoriali (aria, altitudine, ecc.) che vanno a contraddistinguere la Ventricina del Vastese. 

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Attualmente aderiscono alla Comunità i produttori della Ventricina del Vastese e alcune amministrazioni locali. Stiamo coinvolgendo altri portatori d’interesse, e si aggiungeranno sicuramente altre realtà territoriali.
In questo progetto è bello crederci insieme, confrontarsi e avere, come comunità e rete di persone, un obiettivo comune.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
Stiamo raccogliendo le ultime adesioni alla Comunità, predisponendo delle linee guida e stiamo cercando di implementare una strategia d’azione comune. 

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Vogliamo commissionare quanto prima uno studio del contesto economico del distretto Ventricina del Vastese per individuare i punti di forza e di debolezza e quindi poter pianificare una strategia economica di sviluppo delle aziende e del territorio. Da qui a un anno speriamo di partire con tutto l’aspetto promozionale, il potenziamento della rete commerciale, ma allo stesso tempo dobbiamo guardare anche miglioramento delle tecniche produttive e investire in progetti di ricerca.
La produzione della Ventricina del Vastese è rigorosamente artigianale, ma non deve sottrarsi all’innovazione, intesa come perfezionamento del prodotto se vogliamo crescere e varcare, pur restando nel nostro mercato di nicchia, i confini regionali.

L’articolo Ventricina del Vastese, quali sfide? Intervista a Stefano Di Fiore e Michele Piccirilli è tratto dal sito della Comunità di Progetto Ventricina del Vastese.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Bollicine d’Abruzzo DOC ha l’obiettivo di accrescere la promozione e la conoscenza delle bollicine autoctone abruzzesi e di caratterizzarne l’aspetto qualitativo.

Abbiamo intervistato Vincenzo Angelucci, uno dei promotori e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Vincenzo Angelucci

Conosciamo Vincenzo Angelucci, referente e coordinatore del progetto. 
Consulente aziendale nel settore delle reti del marketing,  è nel CDA, nonché socio, della cantina Eredi Legonziano per la quale si occupa anche della parte commerciale e promozionale. 
Eredi Legonziano è una realtà cooperativa che negli ultimi anni si è distinta soprattutto per la produzione di spumanti Abruzzo DOC. Costituita nel lontano 1968 è una delle nove consociate di Citra Vini, raccoglie nell’area frentana più di 200 soci (oltre 400 ettari complessivi di terreni) e ha una produzione annua che si aggira sulle 100.000 bottiglie di cui 50.000 sono spumanti.

Come e perché nasce il progetto?
Nasce dalla volontà di valorizzare le “bollicine” DOC abruzzesi. 
Gli spumanti sono sempre più apprezzati sia dal mercato nazionale che internazionale, quindi bisogna cavalcare l’onda. Attraverso la Comunità vogliamo contraddistinguere le nostre bollicine autoctone, renderle riconoscibili per le loro caratteristiche peculiari, la personalità e le specifiche organolettiche.
La necessità è quella di creare un brand Bollicine d’Abruzzo DOC.
Carmine Festa, il primo enologo di Eredi Legonziano, già negli anni ’80 aveva intuito il potenziale dei vitigni autoctoni abruzzesi per la produzione delle bollicine e la necessità della trasformazione in loco. Da lì è cominciata la nostra storia e oggi Eredi Legonziano può considerarsi precursore e cantina leader, in Abruzzo, nella spumantizzazione delle uve autoctone in quanto prima realtà sul territorio a fregiarsi per lo spumante della denominazione Abruzzo DOC.

Bollicine d’Abruzzo DOC, quali sono le sue peculiarità?
Sono realizzate esclusivamente con vitigni autoctoni locali e anche i tagli sono fatti con vitigni abruzzesi. Per decenni siamo stati fornitori di vini per basi spumante per i grandi imbottigliatori del Nord Italia fino a quando, venti anni fa, abbiamo deciso di iniziare a spumantizzare sul territorio, qui in Abruzzo, con Trebbiano, Pecorino, Passerina, Cococciola, Montonico, e persino Montepulciano d’Abruzzo. Solitamente per gli spumanti si utilizzano Chardonnay, Pinot Noir, e altri vitigni internazionali particolarmente vocati. Quindi produrre bollicine con i vitigni autoctoni rappresenta una sfida, che non appartiene solo a noi: in tutte le regioni italiane si cominciano a produrre bollicine autoctone locali con ottimi risultati. Negli ultimi vent’anni anni, grazie all’avvento e all’affermazione del prosecco, che ha reso lo spumante accessibile a un platea più ampia, il consumatore ha acquisito una cultura delle bollicine rispetto al passato.
Come cantina produciamo basi spumante per tutti i vitigni autoctoni presenti nell’entroterra chietino, in particolare nell’area frentana, nei territori di Lanciano, Castel Frentano, Orsogna, Sant’Eusanio del Sangro.
Accanto ai bianchi già citati, anche il Montepulciano d’Abruzzo, difficile da gestire nella spumantizzazione  in purezza e che utilizziamo, attraverso i tagli, negli spumanti rosé.
Negli ultimi anni si è affermata anche la tendenza del “monovitigno”, ma nel caso dello spumante l’impiego di un solo vitigno non garantisce automaticamente un risultato migliore rispetto a una bollicina “assemblata”. Noi attualmente  produciamo spumanti, in particolare metodo Charmat/Martinotti che amiamo definire “metodo italiano”, che hanno la prevalenza di un vitigno anziché il 100%. Nella nostra gamma, che contempla cinque metodo italiano e tre metodo classico è presente solo una bollicina vinificata in purezza, un metodo italiano biologico, 100% Pecorino, affinato sei mesi in autoclave, un esperimento che abbiamo introdotto quest’anno.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
L’obiettivo primario riguarda la promozione, bisogna qualificare il prodotto, a cominciare dal mercato locale. Quindi dobbiamo sensibilizzare il consumatore, conquistarlo, far conoscere le bollicine DOC attraverso degustazioni, visite in cantina. E’ importante far capire che a parità di qualità scegliere un prodotto DOC significa sostenere l’agricoltore locale. Siamo sicuri di essere all’altezza delle bollicine del nord, ma dobbiamo lavorare sulla promozione, sulla divulgazione, sulla cultura del consumatore e nel capire quali sono le dinamiche per aiutare il produttore.
Noi di base abbiamo una mentalità cooperativa, e i nostri risultati positivi possono dare un vantaggio importante al produttore locale.
L’altro obiettivo si focalizza sulla caratterizzazione tecnica ovvero elevare l’aspetto qualitativo della produzione autoctona di spumanti attraverso lo studio, l’individuazione e l’impianto di vigneti sperimentali, anche in collaborazione con enti locali presenti nel territorio del disciplinare Abruzzo DOC, in zone montane con microclimi che esaltino le qualità necessarie richieste per le migliori basi spumante. 

Quali sfide?
Caratterizzare con i vitigni autoctoni gli spumanti territoriali e far cadere pregiudizi e preconcetti nei confronti delle nostre bollicine locali che non sono inferiori ai più blasonati spumanti del nord o ai francesi. Questo significa che non dobbiamo porci dei limiti, spesso siamo troppo umili e non valorizziamo a sufficienza il nostro lavoro e valore. 

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Siamo gli unici a fare bollicine Abruzzo DOC. Dei 17 ettari regionali rivendicati dall’Abruzzo DOC spumante, il 90% dei terreni sono dei nostri soci. Siamo stati gli unici a intraprendere questa strada, a crederci. 
Alla Comunità di Progetto aderiscono Eredi Legonziano, come cantina produttrice e cooperativa che trasforma il prodotto conferito dai soci, i produttori di Uve Abruzzo Doc Spumante e alcune associazioni di categoria, in particolare quelle che guardano al mondo della ristorazione.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando?
In questa fase stiamo raccogliendo adesioni e cercando portatori d’interesse. Inoltre abbiamo individuato i potenziali Comuni dell’entroterra, rientranti nella DOC, per la sperimentazione (Altino, Archi, Atessa, Bomba, Casoli, Fara Filiorum Petri, Fara San Martino, Gessopalena, Guardiagrele, Lama dei Peligni, Palombaro, Pennapiedimonte, Pretoro, Rapino, Roccascalegna, Tornareccio). 
Stiamo anche lavorando sul fronte promozione e valutando alcune opportunità di collaborazione.
Un esempio può essere quello del Comune di Roccascalegna: il castello può offrire un grande potenziale in termini di visibilità ai nostri prodotti, quindi una collaborazione con loro sarebbe auspicabile e potrebbe portare beneficio a tutti. Dobbiamo uscire della logica del turismo per settori e allargare la visione, arricchire l’esperienza turistica per chi visita un territorio, mettere insieme un sito d’interesse culturale con le bollicine o altri prodotti locali.
È fondamentale collaborare, dialogare, trovare il modo di interagire anche con le altre comunità di progetto. Il vino ruota intorno all’esperienza e noi dobbiamo vendere un territorio, non un singolo prodotto.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Due tipologie di risultato, uno “filosofico” relativo all’immagine e uno più tangibile ovvero riuscire a posizionare il prodotto in più ristoranti, enoteche e locali possibili, a cominciare da quelli abruzzesi.  È necessario far crescere la reputazione di questo prodotto che è ancora poco conosciuto, anche se il nostro rimane un mercato di nicchia.
Bisogna far comprendere al consumatore finale che il nostro prodotto non ha nulla da invidiare ai più blasonati spumanti del Nord Italia. 
L’obiettivo è valorizzare le bollicine d’Abruzzo DOC, così da migliorare la condizione dei produttori locali. 

L’articolo Bollicine d’Abruzzo DOC, quali sfide? Intervista a Vincenzo Angelucci è tratto dal sito della Comunità di Progetto Bollicine d’Abruzzo DOC.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Cereali delle Colline Vastesi ha l’obiettivo di dare nuovo input alla cerealicoltura del Vastese. 
L’agricoltura potrebbe essere una delle principali attività da svolgere sul territorio in sinergia con la valorizzazione, anche in chiave turistica, delle produzioni cerealicole locali.

Abbiamo intervistato Emanuele Berardi, uno dei promotori e referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Emanuele Berardi

Conosciamo Emanuele Berardi, referente e coordinatore del progetto.  
Da quattro anni assessore al Comune di Tufillo, dopo aver vissuto per quindici anni a Bologna, nel 2012 è tornato in Abruzzo per vivere nel suo territorio di origine e impegnarsi in un percorso di cambiamento sociale ed economico per  ripopolare le aree interne dell’Appennino. 
Su questo percorso, oltre al diretto impegno politico, ha collaborato alla nascita di una cooperativa di comunità per creare opportunità di lavoro sul territorio.       
     

Come e perché nasce il progetto?
Nasce dalla convinzione che l’agricoltura potrebbe essere una delle principali attività da svolgere sul territorio in sinergia con la valorizzazione, anche in chiave turistica, delle produzioni agroalimentari locali. Continuare a competere con un modello agricolo globalizzato, soprattutto come singoli e piccoli agricoltori, non ha un futuro e lo si può ben percepire dal livello di abbandono della superficie agricola territoriale. La progettualità nasce per delineare un possibile percorso di  rinascita della cerealicoltura locale.           

I cereali delle colline vastesi, quali sono le peculiarità?
La cerealicoltura è stata sempre praticata nel territorio di riferimento, tanto che, fino agli anni ’30, erano presenti  coltivazioni di riso lungo i corsi del fiume Trigno e Treste.
L’area d’interesse è quella del Medio e Alto Vastese, storicamente caratterizzata da seminativi alternati tra uliveti, orti, vigneti e boschi. L’entroterra vastese è una delle aree, in Abruzzo, dove sono stati meglio conservati i seminativi arborati: questo potrebbe contribuire ad aggiungere anche una valenza turistica alla progettualità in un’ottica di conservazione ed evoluzione paesaggistica.
Negli ultimi decenni, le varietà da sempre utilizzate sul territorio ovvero i grani antichi, sono state in larga parte abbandonate.
Tra le cause, l’avvento della moderna agricoltura e il drastico calo remunerativo legato al mercato globale dei cereali, lo scarso ricambio generazionale nelle aziende frutto sia dello spopolamento che della scarsa attrazione per il settore da parte dei giovani, l’eliminazione degli alberi e delle siepi tra i seminativi, l’aumento della fauna selvatica sul territorio, in particolare degli ungulati. 
Tuttavia sono state riattivate diverse coltivazioni, da parte degli agricoltori più sensibili e attenti, sapienti coltivatori prima che imprenditori agricoli, sebbene anche dal punto di vista imprenditoriale ci siano interessanti prospettive sul percorso che la comunità di progetto intende perseguire.
Tra le varietà già coltivate sono presenti il Senatore Cappelli, il Saragolla, la Solina e il Farro a cui si potrebbero aggiungere varietà di cereali minori come l’orzo, potenzialmente fruibile da un microbirrificio e altre varietà caratteristiche dell’Abruzzo come Ruscia, Risciola, Marzuolo, Sècina, Casorella, Bianchetta. Emblematica la conservazione sul territorio del Frassinese dovuta alla consuetudine, presso Roccaspinalveti, di utilizzare esclusivamente la farina di questa varietà per la preparazione di alcuni dolci tradizionali in occasione dei matrimoni. 

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Oltre all’obiettivo di arrivare a produrre cereali di qualità che possano diventare anche la base dell’alimentazione locale attraverso il coinvolgimento dei trasformatori, vogliamo introdurre, con la Comunità di Progetto, moderne tecniche agricole rispettose della salute, dei suoli e dell’assetto idrogeologico territoriale. 
Obiettivo condiviso inoltre è quello di intraprendere azioni per contrastare il problema degli ungulati che è uno dei principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi generali prefissati.

Quali azioni volete intraprendere?
In ordine di priorità temporale vogliamo dotarci di una trappola di cattura mobile per diminuire il numero di ungulati sul territorio e destinare i capi a una filiera delle carni. Siamo già in contatto con un progetto di filiera nato dai recenti PSR della Regione Abruzzo, tuttavia sappiamo benissimo che a livello burocratico sarà difficile ottenere permessi per la cattura di ungulati in quanto il territorio di riferimento non è gestito da un ente parco o una riserva naturale. 
Per i cereali saranno intraprese azioni di sensibilizzazione e formazione su tematiche come il biologico, il disegno Keyline, il miglioramento genetico evolutivo-partecipativo, i sistemi agroforestali. Inoltre vorremmo dotarci di uno o più mulini a pietra (eventualmente su subaree) per valorizzare direttamente le produzioni in loco.         

Quali sfide?
Una delle prime sfide da superare è ottenere i permessi per effettuare la cattura dei cinghiali o comunque trovare alternative per risolvere il problema.  Poi si affronteranno le altre in quanto per gli agricoltori non si può prescindere dal problema se si vuole lavorare sui cereali.     

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Al momento abbiamo una rete di otto agricoltori già avviati sul biologico o interessati alla conversione. Stiamo cercando di coinvolgere altri portatori di interesse sperando nell’adesione, oltre che di altri agricoltori, anche dei singoli Comuni dell’area di riferimento, di qualche trasformatore e  dei cittadini che potrebbero essere interessati quali consapevoli consumatori.           

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando ora?
Stiamo diffondendo la progettualità per raccogliere adesioni, facendo diverse sperimentazioni agricole (su miscuglio d’orzo) e alcuni test sulle farine con un piccolo mulino a pietra.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Superare i vincoli burocratici sulla cattura degli ungulati ed essere operativi su questa linea d’azione. Contemporaneamente vorremmo aver completato il programma di sensibilizzazione e formazione e avere qualche centinaia di ettari di seminativi coinvolti nella progetto.

L’articolo Cereali delle Colline Vastesi, quali sfide? Intervista ad Emanuele Berardi è tratto dal sito della Comunità di Progetto Cereali delle Colline Vastesi.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna ha l’obiettivo di incentivare e  valorizzare la coltura del Sedano Nero torricellano, a partire dal recupero del suo germoplasma originario.

Abbiamo intervistato Anna Di Marino, referente della comunità, per conoscere meglio il progetto.

Sedano Nero

Conosciamo Anna Di Marino, referente e coordinatrice del progetto.  
Imprenditrice agricola, ha lavorato come consulente informatico, insegnante e assistente di laboratorio. Sette anni fa ha deciso di prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia, e oggi, ormai giunta alla terza generazione, si dedica esclusivamente all’agricoltura e al recupero e alla valorizzazione del Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna.

Come e perché nasce il progetto?
Dalla volontà di noi coltivatori locali di tutelare e valorizzare un prodotto di nicchia che negli anni era andato quasi perso. Il Sedano Nero, da sempre coltivato a Torricella e presente soprattutto negli orti familiari, può essere una risorsa e generare valore per tutta la comunità locale. 
Qualche anno fa abbiamo recuperato il seme antico, che io custodisco, e iniziato con altri agricoltori un percorso di recupero e tutela. 
Attraverso la comunità vogliamo caratterizzare il Sedano Nero, incentivare la sua coltivazione senza perdere di vista l’aspetto qualitativo e creare un’economia locale.

Il Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna, quali sono le sue peculiarità?
Considerato il prodotto agronomico per eccellenza di Torricella Peligna, è localmente conosciuto come “lu lacce nero” in quanto presenta la colorazione verde scura dei piccioli fogliari, caratteristica fisiologica ancestrale mantenuta dalla pianta fino al termine della fase vegetativa.
Non ci sono fonti storiche certe riguardo la sua comparsa sul territorio, tuttavia secondo alcuni documenti del  XVII secolo il suo consumo è legato alla festività dei santi Cosma e Damiano di Roccascalegna, medici che secondo la tradizione locale curavano i pazienti proprio con il sedano, ricco di proprietà benefiche. Quindi in occasione della festa patronale, a fine settembre, la consuetudine era quella di recarsi da Roccascalegna nella vicina Torricella per acquistare il prezioso sedano, portarlo in benedizione ai santi e distribuirlo alla popolazione locale.
L’abbondanza di acqua di cui è ricca Torricella ha favorito la coltura del sedano che storicamente avveniva proprio in prossimità di fontane e pozzi di cui tutto il territorio è ricco. La Fontana delle Coste, da cui deriva il nome “Sedano Nero delle Coste”, sorge nelle immediate vicinanze del centro storico, e prende il nome dal quartiere più antico del paese, un’area generosa di orti suburbani e irrigui, presenti ancora oggi anche se in maniera marginale rispetto al passato. 
Tra le altre zone storicamente elette alla coltivazione del Sedano Nero, quella delle Rose, la Flaviana, quella del Purgatorio, mentre nelle aree limitrofe alle contrade erano utilizzati pozzi e trocchi da cui si faceva defluire l’acqua per irrigare le coltivazioni.
Le caratteristiche del terreno che ha un substrato argilloso, le condizioni pedologiche e microclimatiche, rendono il Sedano Nero un prodotto unico: ha pochi filamenti, non è spugnoso all’interno, ha consistenza polposa e tenera, sapore pronunciato ma allo stesso tempo delicato e croccante.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Ripristinare questa antica coltura locale, recuperare il suo germoplasma originario e caratterizzarlo così da poter ottenere la certificazione. 
E’ necessario conoscere attraverso attente analisi il prodotto e arrivare a un disciplinare da rispettare che renda la qualità un obiettivo perseguibile per tutti i produttori coinvolti. Vogliamo incentivare la coltivazione del Sedano Nero senza perdere di vista la qualità.
E’ importante strutturare anche una rete di vendita, coinvolgere la ristorazione locale, e in un secondo momento creare un laboratorio per la trasformazione (l’idea è quella di realizzare delle confetture), e un magazzino per lo stoccaggio del prodotto in quanto ci piacerebbe anche investire nell’e-commerce. Ovviamente trattandosi di un prodotto fresco (ha una shelf-life di 7/10 giorni) e stagionale (da settembre a dicembre), ci sono delle difficoltà, che tuttavia possono essere superate attraverso coltivazioni scaglionate durante l’anno e con il supporto delle serre.

Quali sfide?
La principale sfida che abbiamo davanti è quella di riuscire a fare un percorso comune, collaborare concretamente e non solo a parole. 
La comunità di progetto rappresenta un’opportunità per fare sistema, abbiamo finalmente l’occasione per fare tutti la nostra parte, e in sinergia con gli altri.

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?
Attualmente hanno aderito alla Comunità cinque produttori, e probabilmente se ne aggiungeranno altri, il Comune di Torricella Peligna, ristoranti e bar, agriturismi, alcuni negozi di alimentari, un botanico, un accompagnatore di montagna, l’associazione Majella Travel e dovrebbe aderire l’ente Parco Nazionale della Majella.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando ora? 
Come produttori abbiamo di recente finito di trapiantare le piantine di sedano, quindi in questo periodo ci siamo focalizzati soprattutto sull’aspetto produttivo. Come Comunità di Progetto stiamo raccogliendo le ultime adesioni dei portatori d’interesse presenti sul territorio e stiamo procedendo con l’implementazione della strategia e del piano di lavoro.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
Tra un anno avremo nuove piantine, quindi maggiore quantità di prodotto. Speriamo anche di essere a buon punto con il processo di caratterizzazione genetica in quanto le analisi, con il supporto del Parco Nazionale della Majella, sono in procinto di partire. Avremo un nostro marchio ovvero un brand del Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna. Con la comunicazione, anche digitale, vogliamo partire quanto prima così da sensibilizzare il consumatore finale e la comunità locale. 
La nostra speranza è che attraverso il Sedano Nero si arrivi a uno sviluppo economico-produttivo dell’area di riferimento e siamo convinti che questo prodotto possa anche dare un impulso nuovo e importante alla promozione del territorio stesso, agli aspetti storici, naturalistici, paesaggistici e architettonici, come la rivalutazione degli orti suburbani ed irrigui.
Questo progetto può generare una base operativa e cooperativa di collaborazione tra diversi settori e, con lo stesso principio che ha mosso la Comunità del Sedano, si possono indirizzare al recupero e alla valorizzazione anche altre colture autoctone che contraddistinguono il nostro territorio.

L’articolo Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna, quali sfide? Intervista ad Anna Di Marino è tratto dal sito della Comunità di Progetto Sedano Nero delle Coste di Torricella Peligna.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Terre e borghi dell’Alto Vastese ha l’obiettivo di promuovere un modello di sviluppo turistico sostenibile e competitivo del territorio dell’Alto Vastese, basato sull’equilibrio tra le risorse naturali e ambientali e le esigenze economiche e sociali della Comunità locale.

Abbiamo intervistato Giuseppe Di Marco, referente della comunità, per conoscere meglio il progetto Terre e borghi dell’Alto Vastese.

Conosciamo Giuseppe Di Marco, referente e coordinatore del progetto.  
Presidente di Legambiente Abruzzo, si occupa di economia civile con una predilezione per le progettazioni che nascono dal basso e che coinvolgono le comunità locali, con l’intento di dare un modello di sviluppo economico e sociale alle realtà territoriali delle aree interne. È anche impegnato nel settore turistico con la DMC Costiera dei Trabocchi ed è nel campo della progettazione sociale con lo sportello Empowerment della pubblica amministrazione del vastese.

Come e perché nasce il progetto?
Nasce dall’esigenza di cinque Comuni dell’Alto Vastese di riappropriarsi di un’identità territoriale e dare al tempo stesso una risposta di vivibilità del territorio, di promozione, di sviluppo turistico sostenibile e competitivo, basato sull’equilibrio tra le risorse naturali e ambientali e le esigenze economiche e sociali della Comunità locale.
L’idea è quella di strutturare dei “green hub” ovvero degli snodi che permettano di catalizzare informazioni e servizi, dei “punti di accesso” per un miglior raccordo e una mobilità del territorio.
Attraverso la Comunità di Progetto vogliamo mettere in campo tutte quelle azioni che portino alla creazione di un distretto di economia civile.      

Qual è il territorio di riferimento e quali sono le sue attrattive?
Il territorio dell’Alto Vastese e nello specifico i Comuni di Carunchio, Torrebruna, Celenza sul Trigno, Fraine e Roccaspinalveti.
Ciascun borgo ha le sue peculiarità o meglio degli attrattori riconducibili al turismo attivo, a quello enogastronomico e culturale. Quindi attrattive naturalistiche, produzioni enogastronomiche, beni archeologici, chiese, piccoli musei, affreschi, che ad oggi sono solo in parte valorizzate e conosciute sia a livello locale che extraterritoriale.
Come Comunità vogliamo costruire modelli nuovi di fruizione di questi territori che mettano al centro la sostenibilità. Un turismo legato alla natura, ma che allo stesso tempo valorizzi risorse come i luoghi di culto, per esempio il santuario Mater Domini di Fraine, le piccole chiese rurali. Attrattive che si vanno ad affiancare al Parco Avventura di Celenza sul Trigno, all’articolata rete sentieristica tra i borghi, in un’area dove sono presenti siti d’interesse comunitario. I singoli attrattori naturalistici, culturali, sportivi ed enogastronomici saranno messi in rete tra loro nell’ottica di presentare un’unica offerta della destinazione turistica Alto Vastese.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
Principale obiettivo è la messa a sistema di tutti gli attrattori turistici del territorio che possono essere considerati elementi trainanti, insieme al recupero e alla riqualificazione degli spazi, che permettono di arricchire questo scenario. Vogliamo creare un sistema turistico sostenibile, in grado di far interagire e collegare le Comunità promotrici e i territori di riferimento, una rigenerazione dei comparti del territorio capace di integrare risorse naturali, archeologiche, storiche e culturali, che inneschi un “percorso di sviluppo”.
La costituzione di una rete di interscambio dei servizi all’interno della comunità, nel lungo periodo e in un contesto più ampio, può dare vita a un “distretto di economie civili” e a tutta una serie di riflessioni, non solo turistiche, ma anche economiche, sociali, sanitarie.  

Qual è il turismo di riferimento?
Il turismo attivo e sostenibile, quindi la vacanza che mette in movimento la famiglia (il nostro target principale) che ha nelle sue priorità la sostenibilità ambientale.      
Guardiamo anche a un pubblico straniero, tendenzialmente nordeuropeo che ha intenzione di vivere gli spazi del nostro entroterra, anche se quest’anno, a causa del Covid-19, sarà il turismo di prossimità a dominare la scena. Inoltre è importante lavorare per garantire un turismo per i target più fragili, come quello dei diversamente abili. 

Quali sfide?   
Ci sono ancora troppi campanilismi. L’area di riferimento ha attrattive e potenzialità, ma nel corso degli anni la collettività non ci ha mai creduto, ci sono sempre state azioni frammentate e non coordinate. 
La Comunità di Progetto può essere l’elemento di novità forte, una risposta di sistema, un’iniziativa che ha la capacità di fare rete, quella “rete” che per vent’anni è sempre stata “rimessa al centro” del dibattito, ma di fatto non è mai stata realizzata. Tutti devono capire che questo progetto è un punto di partenza, un investimento collettivo ed è necessario credere nel territorio, ragionare su quello che può offrire, e quindi partire da un’unica visione.

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla Comunità di Progetto?        
La comunità è costituita da cinque Comuni dell’Alto Vastese: Carunchio, Torrebruna, Celenza sul Trigno, Fraine e Roccaspinalveti; aderiscono anche Legambiente Abruzzo, la DMC Costiera dei Trabocchi, il CEA Centro APE d’Abruzzo e l’Associazione dei produttori della Ventricina del Vastese.
L’idea è quella di coinvolgere oltre agli attori pubblici, soprattutto gli attori privati, come i piccoli produttori e la ristorazione locale. Inoltre c’è desiderio di collaborazione anche da parte di alcuni operatori della costa, che sempre più volgono lo sguardo verso l’entroterra.
Le aree interne hanno un’enorme potenzialità e, in un futuro che non è poi così lontano, con il rischio della desertificazione e dei cambiamenti climatici, si andrà verso la riscoperta degli spazi interni che saranno più vivibili rispetto a quelli costieri.          
La volontà è quella di costruire un territorio accogliente che metta a sistema la costa con le aree interne: il turismo può essere l’elemento vincente che può alimentare il dialogo.
Un altro aspetto importante è il coinvolgimento del terzo settore che attraverso  diverse associazioni può garantire servizi necessari sul territorio. Pensiamo alle Pro Loco e alle associazioni di volontariato che possono contribuire a sviluppare sistemi di hub territoriali.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando e andrete a implementare?
Il rafforzamento della rete, la condivisione di un programma di startup della Comunità di Progetto, la messa a sistema degli attrattori e delle risorse endogene del territorio e la valorizzazione progettuale del turismo attivo e sostenibile.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente sul territorio?
Obiettivo immediato è quello di strutturare e mettere in funzione la Comunità di Progetto organizzando una prima azione di consolidamento della rete. Questo può passare attraverso la messa a sistema del discorso sul turismo che in questo momento vive di forza propria e può essere l’elemento trascinatore dell’idea complessiva. Al tempo stesso la costituzione della Comunità diventa laboratorio reale di discussione su quelli che possono essere gli elementi per arrivare nel medio-lungo termine alla costruzione di un distretto di economia civile, in un’ottica più ampia di progetto e programma così da rivitalizzare l’azione sociale ed economica del territorio.
Sarà possibile “visualizzare” concretamente questi risultati “misurando” quella che è la portata della partecipazione ovvero quanto il progetto coinvolgerà la comunità tutta.
È importante anche lanciare un primo input, quindi avere un risultato iniziale che dia fiducia nel futuro. Sicuramente in questo momento la partita, non sul turismo in generale ma su quello attivo e sostenibile come la creazione di hub di rafforzamento all’accessibilità delle aree interne, può rappresentare un obiettivo possibile già per la prossima primavera.
A causa del Covid-19 stiamo vivendo un momento eccezionale di riscoperta degli spazi aperti, soprattutto nelle aree interne. La necessità è quella di andare oltre la classica fruizione delle spiagge, il modello turistico “riminese” è ormai superato.
Oggi la riscoperta delle aree rurali interne, viaggiare in solitudine e frequentare destinazioni meno affollate, perché il distanziamento sociale ci porta anche a questo, può essere uno stimolo per reinventare un modello di fruizione diverso dell’entroterra, un incentivo per rafforzare la stessa Comunità di Progetto.
La prospettiva sarà quella di contribuire a sviluppare un sistema di accoglienza turistica territoriale, in linea con le strategie regionali e locali attuate dalla PMC e DMC, dentro un unico sistema turistico integrato. 
Per questo credo che l’idea di una piattaforma di destinazione sia superabile come concetto e strumento. Sicuramente ci doteremo di un sito informativo, però l’azione intelligente sarà mettersi in rete su quella che è la destinazione turistica più ampia di questo territorio e non circoscriverla solo all’Alto Vastese.

L’articolo Terre e borghi dell’Alto Vastese, quali sfide? Intervista a Giuseppe Di Marco è tratto dal sito della Comunità di Progetto Terre e borghi dell’Alto Vastese.

La Strategia di Sviluppo Locale del GAL Maiella Verde è incardinata sull’approccio collettivo e collaborativo basato su progetti di cooperazione fra attori riuniti in una formula definita “COMUNITÀ DI PROGETTO.

La Comunità di Progetto Entroterra Express ha come obiettivo la creazione di nuove sinergie per costruire un’offerta integrata capace di promuovere le aree interne della provincia di Chieti e quindi generare nuovi flussi turistici in arrivo.

Abbiamo intervistato Gianlorenzo Molino, referente della comunità, e Pasquale Di Nardo, tra i promotori del progetto.

Gianlorenzo Molino

Conosciamo Gianlorenzo Molino, referente e coordinatore del progetto.
Si occupa di politiche di sviluppo locale e in particolare di turismo. Lavora da anni nel territorio del Sangro Aventino e collabora con la DMC “Terre del Sangro Aventino”.

Pasquale Di Nardo

Conosciamo Pasquale Di Nardo, tra i promotori del progetto.
Pasquale Di Nardo è amministratore unico di Sangritana Spa, partecipata al 100% da TUA – Società Unica Abruzzese di Trasporto. La società offre servizi a mercato (vale a dire senza contribuzione pubblica) attraverso le sue tre business unit: Sangritana Cargo, Sangritana Viaggi, Abruzzobus.

Con i suoi pacchetti turistici, Sangritana Viaggi offre l’opportunità di scoprire le attrattive della regione Abruzzo.
La società ha scelto di promuovere l’incoming creando una rete di sinergie con gli operatori del settore e con start up che abbiano idee progettuali capaci di promuovere al meglio il territorio e nel rispetto della sua gloriosa e ultracentenaria storia di impresa ferroviaria, sostiene un modello di mobilità ecosostenibile come quello delle bike.

Come e perché nasce il progetto?
PASQUALE NARDO
Entroterra Express nasce lo scorso gennaio attraverso la costituzione di una comunità di progetto che si prefigge di creare nuove sinergie per favorire lo sviluppo turistico del territorio.
L’obiettivo è quello di costruire un’offerta integrata capace di promuovere le aree interne della provincia di Chieti e di generare nuovi flussi turistici in arrivo.
Abbiamo l’ambizione di sviluppare un modello di territorio a destinazione green, capace di coniugare il turismo “lento” (non a caso il treno rappresenta la nostra storia) e la promozione delle attrattive naturali, ed enogastronomiche. A completare il progetto sarà un sistema integrato di mobilità autobus-bike: si viaggia in pullman per raggiungere le mete turistiche prescelte per poi andare alla scoperta dei tesori della nostra terra in sella ad una bici in totale libertà e sicurezza.  

Qual è il territorio di riferimento e quali sono le sue attrattive?
GIANLORENZO MOLINO
Il territorio al quale il club di prodotto turistico Entroterra Express fa riferimento è rappresentato dell’entroterra della provincia di Chieti. Un’area collinare in cui si alternano città d’arte come Lanciano e Guardiagrele, e piccoli borghi, mentre nella fascia più interna c’è il Parco Nazionale della Majella.
Questa porzione di territorio è in stretta connessione con la Costa dei Trabocchi, dove si concentrano le principali aree urbane e il maggior numero di presenze turistiche, con l’area metropolitana di Chieti e Pescara.

Quali sono gli obiettivi del progetto?
PASQUALE DI NARDO
La provincia di Chieti riesce a soddisfare le esigenze di qualsiasi turista.
E’ un prodotto completo, offre mare, montagna, arte, cultura per non parlare dell’enogastronomia. Dopo l’emergenza sanitaria, il Covid19 ha determinato una grave crisi sociale ed economica. Dai momenti di grande crisi possono nascere anche nuove opportunità: noi vorremmo coglierle, sviluppando l’incoming.
Verranno proposti prodotti integrati con durata e tipologie che rispondano alle mutate esigenze dell’utenza: dagli short break ai tour di più giorni. Saranno prodotti turistici “one to one” (confezionati su misura come un abito sartoriale) per dare nuovo impulso al sistema locale, renderlo innovativo e garantire la massima sicurezza.

Qual è il turismo di riferimento?
GIANLORENZO MOLINO
Quello che possiamo definire “di scoperta”, in quanto storicamente l’area non è conosciuta al grande pubblico. Il turista moderno apprezza sempre più proposte al di fuori dei circuiti tradizionali, purchè gli forniscano valore in termini di conoscenza ed esperienza. All’interno di questo scenario, punteremo su prodotti che valorizzano le peculiarità del territorio e quindi il paesaggio, l’enogastronomia, le attività outdoor, rendendo il turista parte attiva nelle diverse esperienze.

Quali sfide?
PASQUALE DI NARDO
Un antico adagio africano recita: “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme”.
Il momento storico impone di unire le forze, fare squadra per rivitalizzare un comparto ormai in ginocchio. È quantomai necessario condividere una visione ed una strategia per promuovere questa terra ricca di attrattive naturali, storia e tradizioni. Un territorio che merita di essere conosciuto, così come l’ospitalità della sua gente. Una provincia, questa, dalle enormi potenzialità, molte delle quali ancora inespresse. Sangritana c’è e vuol dare il suo contributo anche al comparto del turismo, così come ha fatto, in piena emergenza Covid, con il tessuto produttivo del nostro Paese, garantendo il trasporto delle merci su ferro.

Come vi siete organizzati? Chi aderisce alla comunità di progetto?
GIANLORENZO MOLINO
Abbiamo creato un comitato promotore della comunità, promosso dalla Sangritana Spa, dalla DMC Terre del Sangro Aventino, dalla Pro Loco di Roccascalegna e da altri soci, che ha buttato le basi per la formulazione del progetto. Questo primo nucleo ha costituito un comitato tecnico, che si sta occupando di mettere a punto il progetto. Attualmente si stanno aggiungendo operatori che vogliono essere protagonisti nella costruzione di proposte di territorio, appartenenti alle categorie dei gestori delle mete di visita, dei servizi di ristorazione, dei produttori di prodotti tipici e dei servizi ricettivi.

Operativamente? Quali azioni concrete state implementando e volete implementare?
PASQUALE DI NARDO
In questa fase iniziale stiamo lavorando per aggregare gli operatori turistici attivi nelle aree interne della provincia di Chieti, dai gestori di strutture ricettive ai ristoratori, fino ai custodi del patrimonio gastronomico e alle guide turistiche specializzate. Nella consapevolezza che abitudini e comportamenti dei viaggiatori sono sempre più orientati dal web, a breve incrementeremo la diffusione dell’incoming Abruzzo on-line.

Quali risultati volete raggiungere da qui a un anno? E come si potranno “visualizzare” concretamente?
GIANLORENZO MOLINO
Vogliamo creare una funzione professionale per la preparazione e commercializzazione di proposte turistiche del territorio di riferimento. Queste proposte avranno bisogno di una narrazione che invogli alla sperimentazione i target d’interesse, che cerchi di stimolare e coinvolgere, e vogliamo farlo attraverso il linguaggio dei social e del blogging. Parallelamente vogliamo creare una piattaforma dove sarà possibile prenotare e acquistare le varie esperienze e avere le informazioni tecniche necessarie per viverle.
Infine, attraverso campagne promozionali online, vogliamo intercettare il target al quale ci rivolgiamo.
Ci aspettiamo di fare una prima esperienza in fase di startup, acquisendo le informazioni che inevitabilmente arrivano solo quando sperimenti concretamente un percorso.
L’obiettivo è che tutto diventi velocemente sostenibile dal punto di vista economico.

L’articolo Entroterra Express, quali sfide? Intervista a Pasquale Di Nardo e Gianlorenzo Molino è tratto dal sito della Comunità di Progetto Entroterra Express.